«Salpati di qui, giungemmo a Reggio» (At 28,13a). È proprio la città di Reggio Calabria quella citata in questo versetto dell’ultimo capitolo degli Atti degli Apostoli. L’apostolo Paolo per raggiungere Roma, dopo essere approdato a Siracusa, passò proprio per di qui, dove attualmente mi trovo anch’io.
Ma andiamo con ordine… Perché mi trovo a Reggio Calabria? Esattamente due anni fa in questo periodo stavo scrivendo la lettera per chiedere al vescovo Beniamino di essere ammesso tra i candidati agli ordini sacri. È una scelta non definitiva, ma importante perché per chi la vive è una presa di posizione circa l’orientamento nel proprio cammino di discernimento vocazionale. È proprio in quel contesto che presi coscienza del fatto che gli anni in Seminario stavano volando… Nel regolare colloquio di fine anno (2019-20) con il vescovo Beniamino gli ho chiesto di poter vivere un anno formativo al di fuori del Seminario, vista anche la mia giovane età, per aprire lo sguardo verso altre realtà di Chiesa avendo così anche l’opportunità di guardare al cammino fatto da una prospettiva diversa. Dunque l’idea era quella di non staccare il cammino di discernimento vocazionale, ma semplicemente di viverlo per un anno in un altro luogo.
Approfitto di questa occasione per ringraziare quanti hanno compreso ciò che stavo provando, in primis il nostro caro vescovo Beniamino che mi ha sostenuto sin da subito e quindi poi, insieme, anche i miei educatori e il mio padre spirituale che mi hanno aiutato a cercare un’esperienza con saggezza e spirito evangelico! Con quest’ultima espressione intendo dire che è stata l’esperienza a trovare me, più che io a trovare lei. Durante l’anno formativo 2020-21 insieme al mio educatore don Massimo abbiamo vagliato varie realtà, ma giunti ad aprile non eravamo ancora riusciti a trovare una realtà disponibile. In maggio invece, quasi dal nulla, si è fatta avanti la comunità dei gesuiti che è presente a Reggio Calabria. Avevamo contattato padre Sergio Sala, gesuita originario di Vicenza e ora in servizio a Reggio, per chiedergli se aveva qualche consiglio e in modo inaspettato si è fatta avanti proprio la sua comunità. Subito avevo preso un po’ paura perché Reggio Calabria era un posto che non avevo previsto, poi però ho iniziato a guardare a questo “inaspettato” come a una “chiamata” a scendere da nord a sud, «da Gerusalemme a Gaza» (At 8,26), come il diacono Filippo, per una strada che era «deserta», dalla quale non mi aspettavo grandi cose. Per questo motivo ho accettato! Da un desiderio inizialmente solo mio sono stato chiamato ad uscire da me stesso ed entrare in un desiderio più grande!
Ed eccomi già a più della metà dell’esperienza qui a Reggio Calabria… I giorni volano, nonostante l’inizio non sia stato semplicissimo. Mi stavo confrontando con una cultura, per quanto italiana, leggermente diversa dalla nostra e ho dovuto avere pazienza con me stesso per imparare a integrarmi piano piano. Le persone che ho conosciuto sono state tutte molto accoglienti e mi hanno aiutato a sentirmi a casa. Le settimane sono scandite da pastorale, preghiera e carità. Sono inserito infatti in due gruppi giovanili: il M.E.G. (Movimento Eucaristico Giovanile) e gli scout. Con loro passo gran parte del sabato e della domenica, oltre ai giorni necessari per preparare le attività.
Ho il dono di vivere con quattro padri gesuiti (padre Sergio Sala, padre Sergio Ucciardo, padre Tonino Taliano e padre Francesco Lupo) molto in gamba e soprattutto diversi l’uno dall’altro, ciascuno con le sue attitudini. È molto bello confrontarsi con loro perché sono molto preparati e saggi. Una delle cose che mi affascina è ascoltare le loro omelie e le lectio divine che tengono in varie occasioni, entrambe impregnate di vita, studio e preghiera. Una realtà nuova con cui mi trovo a vivere quasi ogni giorno sono gli immigrati. Il centro ascolto G. B. Scalabrini, la Scuola di lingua italiana in piazza e il doposcuola sono le tre realtà nelle quali sto vivendo a stretto contatto con uomini e donne stranieri.
Concludendo, desidero condividere dal mio “quaderno di vita” un piccolo stralcio di “vangelo vissuto” per raccontare l’incontro con loro lo scorso 19 gennaio: «Oggi pomeriggio ho fatto lezione di italiano con A.E., 18enne egiziano richiedente asilo. Poi sono andato con lui a fare due passi per la città. Mi ha raccontato la sua storia. Lui è uno di quelli che è arrivato con i barconi. Erano in 85, tutti attaccati; senza bagagli; solo acqua per 5 o 6 giorni – non si ricorda bene. L’ho accompagnato al centro di accoglienza dove vive. Mi ha voluto mostrare la sua “casa”. Era felice di farmela vedere. Ad un certo punto mi dice: “Aspetta qui”. Va in un’altra stanza e arriva poi con in mano una bottiglia di coca-cola riempita a metà e due bicchieri di plastica. Io subito, con pregiudizi, ho pensato: “Chissà chi l’avrà bevuta; ci sarà il covid-19!”. Prende e mi versa un bicchiere. Era felice di poter offrirmi qualcosa. Come posso rifiutare? Bevo. Poi ci salutiamo e vado verso casa e mi accorgo che lui ha condiviso con me tutto ciò che aveva. Come la vedova del Vangelo (Mc 12,41-44)»
Matteo Tessarolo

